Sicilia. I tunisini trattenuti per 20 giorni sulla nave quarantena, dopo essere stati abbandonati sul territorio, come succede in queste ore, diventano la preda più appetibile per i Musumeci e i Salvini

Niente di meglio, nell’estate calda dell’emergenza, con i contagi che crescono, di un bel capro espiatorio, del classico untore, rappresentato dagli stranieri che arrivano in Sicilia. Facendo finta di non vedere i cadaveri che affiorano sulle spiagge della Libia e nella striscia di mare che separa l’Africa dall’Europa, ai quali le istituzioni non dedicano neanche un pensiero.

Se poi il governo, anziché trovare soluzioni ragionevoli, piccoli gruppi diffusi sul territorio affidati a personale competente collegato al Ssn, persegue nell’errore di ricercare soluzioni concentrazionarie, come hotspot e navi quarantena, alimentando la sindrome da invasione, e servendo in un piatto d’argento un argomento da campagna elettorale alle destre xenofobe, ecco che sindaci e presidenti delle regioni non perdono occasione per interventi a gamba tesa, come ha fatto Musumeci. Interventi che ricorrono anche a argomentazioni giuste, magari per trarne conseguenze sbagliate e indicare soluzioni illegittime e razziste.

L’ordinanza di Nello Musumeci può certamente annoverarsi fra i nuovi traguardi del populismo razzista. Tra le altre cose dice, ad esempio: «è fatto divieto di ingresso, transito e sosta nel territorio della Regione Siciliana da parte di ogni migrante che raggiunga le coste siciliane». Ordina poi il trasferimento immediato fuori regione di tutti i migranti presenti negli hotspot e nei centri d’accoglienza.

Naturalmente il Presidente sa che, nonostante l’autonomia di cui la Sicilia “gode”, non ha alcun potere di intervenire sulle vicende oggetto dell’ordinanza. Il tentativo è quello di animare la solita propaganda becera ma anche di mascherare gli scadenti risultati della Regione Sicilia sia sotto al profilo dell’organizzazione sanitaria, la Sicilia è ultima per numero di tamponi, che del sostegno al tessuto sociale e produttivo.

È stato proprio Musumeci, poche settimane fa, ad invocare le navi come luogo di quarantena per tutti i migranti. Il presidente della Regione Sicilia fa finta di non sapere che, se le persone fossero distribuite fra i Comuni, ci sarebbe la gara fra gli amministratori locali, purtroppo non solo di destra, alla strumentalizzazione e alle barricate contro «gli invasori».

Vogliamo ribadirlo: i numeri degli arrivi dell’estate del covid 19 non hanno nulla di straordinario. Sono molto al di sotto della capacità, di accoglienza nel nostro Paese, e possono ancora essere gestiti con intelligenza e in sicurezza.

Se centinaia di giovani sono trattenuti in grandi centri e sanno, per le dichiarazioni davvero improvvide fatte dal governo, che non avranno mai un permesso di soggiorno, e che insieme a loro (sulla nave come negli hotspot o nei grandi centri straordinari) possono esserci persone positive al covid 19, è comprensibile che provino a scappare e che la situazione diventi molto complicata da gestire.

Quando si ricercano soluzioni impraticabili, per paura di perdere consenso o di regalare argomenti all’avversario, di fatto si finisce per commettere errori e per creare problemi, ai quali la destra, ricorre per allargare ancora il suo spazio nel dibattito pubblico. I tunisini trattenuti per 20 giorni sulla nave quarantena, dopo essere stati abbandonati sul territorio, come succede in queste ore, diventano la preda più appetibile per i Musumeci e i Salvini.

Con un respingimento differito, rilasciato in maniera del tutto illegittima, come è prassi da anni, e un certificato di negatività al tampone covid, andranno a cercare soluzioni di fortuna nelle grandi città, un lavoro nelle campagne o proveranno ad attraversare la frontiera di Como o di Ventimiglia.

Sarebbe stato più facile, e si può ancora fare, utilizzare le strutture già esistenti, in gran parte appartamenti, con operatori in grado di gestire una relazione giusta con il territorio, affidare il monitoraggio e il controllo al Ssn e evitare di aumentare il numero di persone rese invisibili per legge. Da una parte si mette una toppa, con la regolarizzazione, e dall’altra si apre un buco, con i respingimenti differiti e l’aumento degli irregolari.

 

Fonte: Il Manifesto