Dopo due giorni di rissa contina in aula, che ha visto qualcuno finire in infermeria, il Dl è legge. I 5 stelle pentiti: «Le norme leghiste hanno creato più insicurezza e più irregolari»

A due anni dall’entrata in vigore del primo dei due provvedimenti bandiera della Lega di governo, si chiude l’era dei decreti sicurezza secondo Salvini. Ieri il Senato ha approvato il dl immigrazione, per il quale si è fortemente battuto il Pd, che lo aveva voluto tra le condizioni per la nascita dell’alleanza giallo-rossa, e che recepisce le indicazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Con 153 voti a favore, 2 contrari e 4 astenuti, il provvedimento viene convertito in legge. Il centrodestra, dopo aver messo a soqquadro l’Aula di Palazzo Madama per due giorni consecutivi, non vota.

Ci vuole un’intera giornata per il via libera definitivo, sul quale il governo ha chiesto la fiducia. La strozzatura del dibattito viene accolta dal Carroccio con proteste che sfociano in veri e propri scontri per ben due giorni, e ieri il senatore questore Antonio De Poli (Udc) e un assistente parlamentare sono finiti in infermeria.

Un’altra giornata lunga, dunque, che inizia con la mancanza di numero legale per le molte assenze tra i banchi della maggioranza. Un episodio accolto tra ironie, sarcasmi e qualche volgarità dagli scranni leghisti. È il Carroccio a chiamare in causa gli ex alleati grillini, con cui erano stati varati i provvedimenti superati dalla nuova legge e molti 5 stelle si lasciano trasportare nella rissa. Poi tra le interruzioni per le sanificazioni per via del Covid, gli inconvenienti tecnici alla linea Internet, i cartelli, gli striscioni, i fischietti, le parole grosse, le porte bloccate, il decreto arriva alla meta solo in serata.

Ma la presidente del Senato Elisabetta Casellati annuncia un’istruttoria su quanto accaduto, che molti dem hanno bollato come «attacchi squadristi».

Alla fine, però, «i veri decreti sicurezza sono legge – esulta il segretario del Pd Nicola Zingaretti – . Abbiamo chiuso e archiviato una stagione di chiacchiere e propaganda. Gli italiani hanno bisogno di protezione. I problemi vanno risolti non cavalcati», scrive su Twitter il governatore del Lazio.

Una svolta che vede soddisfatto l’intero Pd. «L’Italia volta pagina, dopo un lavoro lungo, complesso e impegnativo che abbiamo portato avanti in questi mesi», racconta il viceministro dell’Interno Matteo Mauri, che si è impegnato per il risultato, al fianco della ministra Luciana Lamorgese. Ed esulta Italia Viva, che pure si era battuta per chiudere il capitolo salviniano e insieme Leu, con De Petris.

«Gli unici che festeggeranno sono gli scafisti e gli sfruttatori di uomini», scandisce Matteo Salvini in aula, in una dichiarazione di voto che suona come una dichiarazione di guerra. «Pd e Movimento 5 stelle siete vergognosi e indegni, pensate agli immigrati clandestini e non ai tanti italiani, che sono in enorme difficoltà». Ma per il leader della Lega i problemi saranno anche per i migranti che cercheranno di arrivare in Italia. «Ho sentito tante inesattezze su questi decreti. Noi abbiamo dimezzato il numero di morti e dispersi nel Mediterraneo», spiega ancora. Presto invece, pronostica, «l’equilibrio più morti e più sbarchi» sarà «sulla vostra coscienza». Ma, chiosa, appena sarà finita l’emergenza Covid, la Lega promuoverà un referendum per abrogare la legge appena varata. E allora, Salvini ne è certo, saranno gli italiani «a cancellare questa pagina vergognosa della storia».

Chiamati in causa durante tutto l’iter parlamentare del decreto, il M5s respinge le accuse di voltafaccia da parte del Carroccio, con il quale aveva governato secondo un accordo di “do ut des” che aveva portato i due azionisti del Conte primo ad approvare le rispettive leggi bandiera.

«Salvini con i suoi decreti aveva fatto una piccola magia, aveva fatto scomparire l’anagrafe dei migranti facendo sì che i migranti, non censiti, fossero liberi di girare sul territorio nazionale – racconta ora il vice capogruppo 5s Andrea Cioffi – . Effetto stigmatizzato dalla Corte Costituzionale che nella sentenza del 31 luglio scorso scrive che questo ha ostacolato il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza». Insomma, continua, «i decreti sicurezza di Salvini hanno creato più insicurezza e più irregolari, da 530mila a 600mila in poco più di un anno». Perciò, continua, «noi non abbiamo cambiato idea sull’immigrazione, abbiamo semplicemente fatto una verifica dell’efficacia di quei decreti correggendoli nelle parti che sono risultate non conformi all’obiettivo».

Ecco cosa cambia rispetto all’era Salvini​

Le norme dei decreti salviniani avevano «desertificato il sistema di accoglienza» alimentando «un esercito di “fantasmi” senza volto e senza identità», perciò «abbiamo ridisegnato un Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) capillare, diffuso in piccoli centri presenti in tutte le regioni, in cui gli immigrati hanno un nome, i documenti, un domicilio certo e magari anche la possibilità di essere impiegati regolarmente». Così due mesi fa, in un’intervista su Avvenire, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese sintetizzava uno dei punti cardine del decreto Immigrazione, convertito ieri in legge dal Senato. Il testo, in vigore da ottobre, ora è stato integrato con nuove norme in Parlamento e contiene diversi aspetti di rilievo.

Via maximulte Ong. Stop alle sanzioni esorbitanti (fino a un milione di euro) fissate in epoca salviniana per le navi che violano il divieto d’ingresso, transito o sosta nelle acque territoriali italiane. Viene eliminata la confisca e distruzione dell’imbarcazione e resta una sanzione fra 10mila e 50mila euro. Ma il divieto di navigazione non scatta se si svolgono attività di soccorso, purché comunicate alle autorità italiane e dello Stato di bandiera. E non è più il Viminale ad avere competenza nel limitare o vietare ingresso, transito e sosta di navi nel mare territoriale.

Accoglienza e integrazione. Il testo elimina il sistema d’accoglienza Siproimi (che a sua volta aveva cancellato lo Sprar) e torna a un modello “allargato”: il Sai, sistema di accoglienza e integrazione, pensato anche per far intraprendere agli stranieri accolti appositi percorsi di integrazione. Anche il tempo d’attesa per ottenere la cittadinanza (portato a 48 mesi) torna a 24-36 nei casi di riconoscimento per matrimonio o naturalizzazione.

Protezione speciale. La durata del permesso sale da un anno a due e spetta in caso di situazioni particolari, come il rischio di persecuzioni o torture. Anche il pericolo di essere perseguitati in patria per l’orientamento sessuale o l’identità di genere non consentono l’espulsione. Ancora è prevista la conversione per motivi di lavoro dei permessi di soggiorno emessi per ragioni umanitarie. Inoltre, in materia di rifiuto o revoca del permesso, viene meno la discrezionalità nella valutazione dei «seri motivi», di competenza del Questore.

Via tetto flussi. La nuova legge modifica il testo unico sull’immigrazione del 1998 in materia di flussi di ingresso di stranieri per motivi di lavoro, sopprimendo il limite del tetto alle quote.

Carcere e sicurezza urbana. Chi fornisce un telefonino a un detenuto rischia da 1 a 4 anni di reclusione. Infine viene inasprito il “Daspo urbano”, ossia il divieto di accesso a locali pubblici, strutture scolastiche e universitarie, ai denunciati per spaccio di droga. E per frenare la movida violenta, c’è la norma Willy (in memoria del ragazzo pestato a morte a Colleferro), che aumenta le pene per chi è stato coinvolto in risse.

 

Fonte: Avvenire