«Dania, curriclo!».

Musica per le mie orecchie – dopo aver capito cosa fosse questa parola italo-fantasia.

Il curriculum è uno dei momenti che preferisco. Un’ora in cui io e Dania, la mia collega che si occupa di questo show televisivo che è la ricerca del lavoro, ci sediamo e ascoltiamo la vita della persona che abbiamo davanti. Una vita un po’ filtrata, ma sicuramente una parte importante, legata all’istruzione, ai mille lavori svolti nei duemila paesi in cui sono stati. L’altro giorno sono impazzita a cercar di tradurre un diploma di scuola secondaria pakistano in ingegneria meccanica. Ero seduta a scervellarmi su come tradurre in italiano un lavoro per il quale in Italia serve essere iscritti a un albo. Ci sono riuscita.

«Alcune volte non hanno piacere di raccontare proprio tutti i lavori che hanno fatto, alcune volte non si ricordano dove fosse il luogo di lavoro e quindi, noi, giù a cercare i ristoranti che facevano quella specialità in quel dato paese, e traducili tu tutti i siti delle scuole dalla loro lingua madre alla nostra. In quei momenti vorrei che ci fossero dei cartoni animati illustrativi».

Mentre vengo preparata a questa spedizione verso la compilazione del curriculum – che già capire come funziona Europass è una bella storia- arriva Salih. Basta stare a casa. Vorrebbe imparare un mestiere. È uno dei miei allievi dell’alfabetizzazione. La scorsa mattina gli ho insegnato come sostenere un colloquio di lavoro base, con le domande di rito alle quali bisogna saper rispondere. Gliene faccio qualcuna per vedere se ha studiato. Si mette a ridere, mi risponde e mi fa lui le altre domande.

Bene Salih, partiamo dalla scuola. Quanti anni hai studiato in Turchia? Erano divisi in scuole diverse? Hai preso un diploma alla fine? Inseriamolo.

Adesso il lavoro. Che lavori hai fatto da dopo la scuola ad oggi? Ma prima di quel lavoro, ne hai fatti altri? Come si chiamava il posto? Hai dei contratti o dei diplomi professionali?

Mentre il colloquio va avanti, chiedo a Dania come fanno se non hanno alcuna formazione professionale e non hanno esperienze lavorative significative. «Siamo in contatto con l’agenzia Piemonte lavoro e con i centri per l’impiego sui nostri territori che ci mandano comunicazioni di corsi e offerte lavorative aggiornati. Gli ambiti sono svariati. I posti sono ambiti. Il requisito minimo è la terza media. Deve esserci una conoscenza della lingua italiana adeguata ad un corso professionalizzante».

D’altronde l’obiettivo è fargli ottenere un lavoro che li appaghi e li valorizzi. Renderli consapevoli delle proprie capacità. Inserirli socialmente in un contesto dove la lingua è fondamentale.

Dopo un’ora abbondante di storie, ecco sul tavolo le cinque copie del CV. Che soddisfazione. Potesse, suonerebbe a tutti i citofoni di Carignano lasciandogliene uno.

Dania mi sorride perché sa quanto è importante per i ragazzi lavorare. Come diceva Saba: Il meglio del vivere sta in un lavoro che piace e in un amore felice.

 

 

Adele De Pasquale

Tirocinante a Tra Me – Carignano

Via Silvio Pellico 28 – http://www.tramecarignano.org