È il numero 11 della squadra, è arrivato in Italia sbarcando a Lampedusa, il calcio è la sua speranza e la sua rivincita

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È il numero 11 della squadra, è arrivato in Italia sbarcando a Lampedusa, il calcio è la sua speranza e la sua rivincita.

Aladin indossa la maglia arancione numero 11 dell’Fc Ivrea 1905. Dribbla gli avversari come faceva Juary, la mezzala dell’Avellino anni Ottanta che dopo ogni gol correva in segno di esultanza attorno alla bandierina del calcio d’angolo.

Piccolo, funambolico, esplosivo e lo sguardo che si accende in un amen. Un anno fa Aladin è arrivato in Italia dopo una fuga rocambolesca dal Gambia.

Nemmeno maggiorenne si è lasciato alle spalle famiglia, amici e portando con sé un borsone carico di poche cose e tanti sogni.

Ha attraversato il deserto e si è infilato nell’unico corridoio possibile, la Libia, perché soltanto da lì sarebbe potuto arrivare in Europa, via Mediterraneo, da clandestino. Una volta sbarcato a Lampedusa la sua destinazione finale è stato un hotel in pieno centro a Ivrea, dove ora vive con una trentina di migranti come lui.

“Qui, in Piemonte, spero di restare per sempre”. Perché è qui che inizia la sua rivincita nei confronti della vita.

IL CALCIO COME SALVEZZA

Aladin è diventato uno dei protagonisti della grande cavalcata dell’Fc Ivrea 1905, neo promossa in seconda categoria, compagine nata dalle ceneri dell’Ivrea, la società calcistica che sarebbe morta per sempre, dopo oltre un secolo di storia, se l’ex direttore sportivo, Stefano Braghin, ora direttore generale del settore giovanile della Juventus, non ne avesse acquistato il marchio (pagato 100 euro) scommettendo su un sogno.

Perché questa è una storia di riscatto, di un gruppo di ragazzi che vive il calcio dei campetti di periferia, quello raccontato da «La leva calcistica del 1969» di Francesco De Gregori. Un po’ per gioco, un po’ per scommessa, ora la squadra punta a riconquistare palcoscenici più importanti. Ripartendo da zero.

Sulla maglia, rigorosamente arancione, non ci sono sponsor, ma soltanto il marchio storico della società.

UNA SQUADRA PANE E SALAME

Attorno al progetto si sono aggregati in tanti. Tutti lavorano gratis. Il presidente, Ludovico Capussela, il suo vice, Celere Spaziante, i sostenitori della squadra, come Carola Coppo, giovane architetto che cura il sito internet e Tony Cuomo, ristoratore della città che garantisce, ad ogni partita della squadra, un pasto gratis ai giocatori. L’idea ha anche il sostegno dell’amministrazione comunale.

“Quando Stefano Braghin mi ha chiamato – racconta il mister, Massimo Pairotto – ho accettato subito la scommessa”.

E infine eccoli, i protagonisti, i calciatori. Una vecchia gloria, come Fabio Artico, classe 1973 ed un passato in serie A e B ha subito risposto presente. E poi c’è il goleador, Gianmarco Enrico (29 gol in 28 partite ufficiali) e naturalmente Alhage Dukanda, detto Aladin, ormai la mascotte del gruppo. A scoprirlo e a segnalarlo a Braghin è stato Marco Peroni. “Giocava nel campetto vicino casa mia – racconta – è mi è subito sembrato un mostro di bravura”. A piedi scalzi, contro coetanei che indossavano scarpette con i tacchetti, Aladin saltava gli avversari come birilli. E’ bastata una telefonata: “Stefano, prova questo ragazzo. E’ uno bravo”.

Per lui il sogno è appena cominciato.

( fonte: LaStampa)