Abbiamo calcolato tempi e costi dell’operazione per 500mila migranti. Ma non solo: il piano Salvini-Di Maio rischia di colpire gli stranieri disoccupati già integrati e di sottrarre alle imprese personale già formato

Contratto Lega-M5s, si parla di rimpatrio. Ma per realizzarlo servono 27 anni di voli

Uno dei punti principali del contratto tra Lega e 5Stelle è il rimpatrio di 500 mila stranieri irregolari. Era un capitolo del programma elettorale del leader leghista Matteo Salvini, oggi condiviso dal movimento di Luigi Di Maio. Tre domande dobbiamo però farcele. La prima: quanti sono gli immigrati irregolari in Italia? La seconda: erano già residenti regolarmente o sono arrivati negli ultimi anni di sbarchi? La terza, forse la più importante: è possibile rimpatriare forzatamente cinquecentomila persone? Già la risposta a quest’ultima, legittima domanda, come vedremo, appartiene al mondo delle fantasie: perché servirebbero ventisette anni di voli, senza nemmeno un’ora di sosta, e oltre un miliardo e mezzo di spesa, più il costo per diarie, indennità di missione, vitto e alloggio degli agenti di scorta.

Dunque, quanti sono gli immigrati irregolari in Italia? Non esiste un censimento anagrafico poiché ovviamente chi non è in regola con i documenti evita di autodenunciarsi all’autorità. Possiamo però fare riferimento ai dati forniti dal ministero dell’Interno nel periodo 2014-2016 (le statistiche pubblicate sulle concessioni di asilo per il 2017 non sono ancora complete). Nei tre anni sono sbarcate in Italia 505.378 persone. Alle quali se ne aggiungono altre 119.310 arrivate via mare nel 2017. Il totale fa 624.688 stranieri regolarmente registrati dalla polizia allo sbarco, in gran parte al termine di operazioni di soccorso condotte dalla Marina militare, dalla Guardia costiera e dalle organizzazioni non governative. Si tratta comunque di persone che possono dichiararsi residenti regolari soltanto al termine della lunga procedura di concessione di asilo o di una delle varie forme di protezione.
Il 4 febbraio 2018, in piena campagna elettorale, Silvio Berlusconi, a capo della coalizione di destra, in una intervista al Tg5 ha riferito questi dati: «Oggi in Italia si contano almeno 630 mila migranti di cui solo il 5%, e cioè 30 mila, ha diritto di restare in quanto rifugiati e cioè fuggiti da guerra e morte. Gli altri 600 mila sono una bomba sociale pronta a esplodere, perché vivono di espedienti e di reati». Berlusconi parla evidentemente delle persone sbarcate nel periodo 2014-2017 delle quali, come vedremo tra poco, non è vero che soltanto il cinque per cento abbia diritto di restare. È risaputo però che nel 2014 almeno 100.000 stranieri siano riusciti a raggiungere altri Paesi europei, come Germania e Svezia. E per questo, probabilmente, Salvini oggi promette l’espulsione di 500.000 persone e non seicentomila. Ma, appunto, sono davvero tutte irregolari?
La risposta la fornisce sempre il ministero dell’Interno che Salvini vorrebbe destinare a un esponente leghista. Le richieste di asilo sono esaminate dalle “Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale”, insediate presso le prefetture italiane: in caso di esito positivo della domanda la procedura porta a un permesso di soggiorno, in caso di respingimento la persona si ritrova nella condizione di irregolare. Sui 170.100 sbarcati del 2014, le commissioni hanno respinto 14.217 richieste, il 39 per cento delle procedure aperte (va ricordato che almeno 100mila persone si sono sottratte alla registrazione per raggiungere il Nord Europa). Nel 2015 hanno respinto 41.503 domande, il 58 per cento delle richieste di quell’anno. Nel 2016 hanno respinto 55.423 domande, il 60 per cento del totale. Nei tre anni, le Commissioni territoriali hanno dunque dichiarato irregolari 111.143 migranti.
I dati definitivi per il 2017 non sono ancora completi: comunque se dovessimo considerare irregolari tutte le 119.310 persone sbarcate l’anno scorso, non raggiungeremmo il mezzo milione di stranieri da espellere inserito nel contratto di governo Lega-5Stelle. Chi sono gli altri? Salvini forse si riferisce agli immigrati che non hanno potuto rinnovare il permesso di soggiorno per aver perso il lavoro durante la recessione: quindi, agli inizi di questa timida ripresa economica, mentre le associazioni di imprenditori faticano a trovare personale, Salvini e Di Maio intendono rimpatriare lavoratori al momento disoccupati, ma professionalmente formati, che parlano italiano e sono integrati in Italia con le loro famiglie perché già residenti nel nostro Paese? Se è questo il piano, la risposta alla seconda domanda non può che essere preoccupante per le conseguenze sull’economia reale.

Quello che funziona male è piuttosto il sistema italiano di prima accoglienza. Un sistema costruito sull’emergenza che produce posti di lavoro per gli italiani attraverso una miriade di centri, cooperative, imprese troppo spesso fuori controllo. E non pretende la restituzione di servizi obbligatori, che le prefetture pagano: a cominciare dal mancato insegnamento della lingua italiana, strumento indispensabile per passare poi alla formazione civica e professionale dei nuovi cittadini.
Bisogna sempre ricordare che i famosi 35 euro al giorno a persona non vanno ai richiedenti asilo ospiti (che, almeno sulla carta, percepiscono una diaria di 2,50 euro al giorno), ma alle imprese italiane. Il quasi fallimento è nei numeri raccolti ogni anno nell’Atlante Sprar, il Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo, che costituisce quanto di meglio il territorio italiano, dai Comuni ai cittadini, mette a disposizione per la formazione e l’integrazione dei nuovi residenti.
Nel 2015, su 29.698 stranieri accolti nella rete Sprar, soltanto 1.972 al termine del periodo di accoglienza hanno ottenuto un inserimento nel lavoro con un contratto regolare. E nel 2016, su 34.528 immigrati della rete Sprar, ancora meno: solo 895 persone. Curiosamente nel Nord Est, dove l’economia sta riprendendo velocemente con tassi di disoccupazione di poco sopra il 6 per cento e dove gli imprenditori cercano disperatamente personale, i Comuni per la loro impronta politica di destra sono anche quelli meno disponibili a sostenere i progetti di integrazione e avviamento professionale degli stranieri. Il Veneto è la settima regione per presenze in accoglienza, perfino dopo Campania, Lazio e Sicilia (dove è forte lo sfruttamento in nero dei migranti, ma i tassi ufficiali di disoccupazione sono più alti). Il Friuli Venezia Giulia è al dodicesimo posto, il Trentino Alto Adige al sedicesimo.
È questo spread tra domanda e offerta a spingere migliaia di giovani immigrati a buttare via le loro giornate nei parchi delle città italiane, in attesa di un colpo di fortuna che non può arrivare dal cielo. Sono immagini sotto gli occhi di tutti, da Padova a Ferrara a Torino: il migliore spot elettorale che la Lega ha scientificamente sfruttato. Ma se anche ci fossero 500.000 stranieri irregolari da rimpatriare e Salvini e Di Maio avessero già firmato accordi bilaterali (che invece non abbiamo firmato) per la loro riammissione in tutti i Paesi d’origine, vediamo cosa potrebbe accadere. E rispondiamo così alla terza domanda.
Immaginiamo di poter finalmente utilizzare l’Airbus 340 di Stato che l’allora premier Matteo Renzi aveva affittato da Etihad e caricato sul bilancio statale al prezzo di 40 mila euro al giorno. Considerati i 300 posti di questo aereo e i necessari servizi di scorta di due agenti per ogni cittadino espulso, ogni volo potrà rimpatriare soltanto 100 migranti irregolari. Per riportarli indietro tutti, serviranno quindi 5.000 voli. Calcolando che i primi Stati di provenienza sono Nigeria, Guinea, Costa d’Avorio, Bangladesh, Mali serviranno almeno due giorni tra andata e ritorno: il totale è di 10.000 giorni cioè, lo scriviamo in lettere, ventisette anni. E senza nemmeno un’ora di sosta.
Calcolando, sicuramente per difetto, mille euro a passeggero il prezzo di ogni viaggio, escluse diarie, indennità di missione, vitto e alloggio per la polizia, possiamo stimare quanto costa l’operazione soltanto per l’impiego dell’aero: un miliardo e mezzo. Vogliamo raddoppiare gli aerei? Serviranno 13 anni, ma devono avere le stesse dimensioni. Vogliamo noleggiarne quattro? Serviranno quasi sette anni. Con un miliardo e mezzo di euro, più le diarie, le indennità di missione e il resto, di cose se ne possono fare per sostenere le imprese. Sia nella formazione obbligatoria dei migranti in Italia, sia nei luoghi d’origine: perché i nuovi cittadini possano finalmente arrivare senza passare dalla Libia, ma con permessi di lavoro regolari.