La Libia continua a non poter essere considerata un porto sicuro e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni lancia un appello

Comunicato Stampa dell’Oim

L’OIM lancia un appello alla comunità internazionale, compresa l’Unione Europea, affinché si trovino alternative e meccanismi di sbarco sicuri per i migranti soccorsi in mare e che sono in fuga dalla Libia e sottolinea come circa 200 migranti siano stati riportati a Tripoli poche ore dopo che il porto della capitale libica venisse bombardato.

“La Libia non può aspettare”, afferma Federico Soda, Capo Missione per l’OIM in Libia. “E’ il momento di mettere in atto azioni concrete per assicurarsi che le persone soccorse in mare siano fatte sbarcare in porti sicuri e che il sistema di detenzione arbitrario venga terminato”.

Almeno 170 migranti sono stati intercettati o soccorsi in mare e riportati in Libia dalla Guardia Costiera libica dall’inizio dell’anno. Altri 3.000 migranti sono arrivati in Italia e Malta, molti dei quali soccorsi da ONG e da altre navi di soccorso.

È necessario rinforzare un sistema di ricerca e soccorso in mare, che possa essere di ampio raggio e guidato direttamente dagli Stati. Allo stesso tempo occorre realizzare con urgenza un meccanismo di sbarco veloce e strutturato, che preveda che gli stati del Mediterraneo si prendano uguali responsabilità nell’assicurare un porto sicuro per coloro che sono stati soccorsi.

L’impegno delle navi ONG che operano nel Mediterraneo dovrebbe essere riconosciuto e dovrebbe essere messo un termine a ogni limitazione o ritardo nelle operazioni di sbarco.

A dieci mesi dall’inizio del conflitto, in Libia la situazione umanitaria continua a peggiorare. Oltre 2.000 migranti sono ancora detenuti in condizioni drammatiche, e gli operatori umanitari hanno sempre più difficoltà pratiche nel fornir loro assistenza. Nelle prime due settimane di gennaio 2020 circa 1.000 migranti sono stati riportati in Libia e 600 di loro sono stati trasferiti in una struttura controllata dal Ministero dell’Interno libico. Di questi migranti non si ha più notizia.

Le Nazioni Unite continuano a documentare abusi, torture, sparizioni e condizioni spaventose nei centri di detenzioni libici. È inaccettabile che l’attuale sistema di detenzione sia ancora vigente, nonostante i ripetuti appelli al suo smantellamento e a favore dell’apertura di soluzioni alternative che possano garantire almeno un minimo livello di sicurezza.

I recenti sviluppi pongono minacce ancora più gravi per la sicurezza di migliaia di migranti. È necessario trovare un nuovo approccio riguardo alla situazione in Libia e nel Mediterraneo centrale. Le preoccupazioni devono adesso essere tradotte in azioni per evitare che la situazione attuale porti a ulteriori tragedie.

 

Fonte: OIM