Provare a comprendere la trasformazione della modalità di assoggettamento delle vittime nigeriane di tratta a scopo di sfruttamento sessuale è estremamente difficile. Richiede notevoli capacità di ascolto, tenacia, umiltà, grande determinazione e dunque una motivazione tremendamente seria. Quella di voler aiutare davvero le ragazze che vi rimangono imprigionate può essere sufficiente, ma per cercare le chiavi interpretative delle diverse componenti culturali, economiche, politiche, logistiche e perfino mistiche di un “fenomeno” tanto originale quanto complesso, serve anche una rilevante passione per la libertà. Questo articolo, il resoconto analitico di un seminario in forma di tavola rotonda promosso da Asgi, Dedalus, Weavers of Hope e Spazi Circolari, è un’ottima introduzione per capire alcuni tratti essenziali dell’incubo di cui stiamo parlando

Parlare della tratta nigeriana degli esseri umani per sfruttamento sessuale è come aprire una matrioska composta da una quantità di pezzi non prevedibili. Ogni argomento ne svela un altro, di uguale importanza e altrettanto curioso, ma anche angosciante. Alla tavola rotonda che si è tenuta il 16 aprile 2021 nei locali di Dedalus, una squadra di relatrici appassionate, supportate da Salvatore Fachile come moderatore, ha provato a raccontare aspetti particolari della tratta, che suscitano interrogativi cui è molto difficile rispondere.

I nodi attorno a cui ruotano le questioni centrali della tratta sono principalmente due. Dal punto di vista della vittima, la ragazza, è il giuramento, che viene chiamato jujuvoodoo. Questo consiste nel rituale che la legherà alla madam, la persona a cui lei dovrà inviare il denaro ricavato dai clienti, mentre sarà costretta a prostituirsi in Europa. Dal punto di vista delle o dei trafficanti a ogni livello, è quello dei soldi, della ricchezza che deriva dallo sfruttamento, e del conseguente prestigio sociale.

Interrogativi e risposte ruotano intorno a tutto ciò, e tutto ciò ha componenti culturali, perfino mistiche, economiche, logistiche, politiche. Eh sì, anche politiche che sono fortemente impattanti a livello locale e internazionale.

Cercherò quindi di riportarvi alcuni spunti di riflessione che sono emersi dalla tavola rotonda, partendo dalla Nigeria, passando in Libia per poi attraversare il Mediterraneo e arrivare in Italia, per guardare alla Germania, alla Francia e ancora più su, all’Unione Europea, fino ai trattati internazionali.

Cosa è successo dopo l’intervento dell’Oba del 9 marzo 2018?

L’Oba King è la massima espressione della religione tradizionale nigeriana. In ogni regione, in ogni Stato della Nigeria questo sistema religioso ha un suo rappresentante, che assume nomi diversi a seconda delle aree in cui è insediato. Qui parliamo dell’Oba del regno di Benin City. Il 9 Marzo 2018 questi ha maledetto le trafficanti emettendo un editto con lo scopo di limitare gli effetti del potere vincolante del rito voodoo sulle donne vittime della tratta. Le intenzioni dell’Oba King erano quelle di cercare di rompere il legame superstizioso tra la sfruttatrice e la sua vittima, di liberare le ragazze dal loro debito.

“Quando ho sentito l’editto dell’Oba, ho pensato che Dio era venuto a risolvere i nostri problemi, che le ragazze non sarebbero più partite”, racconta Cynthia Aigbe, “Ma le lacrime delle ragazze che accogliamo oggi nei nostri uffici ci fanno capire che non è servito a niente”.

La maggior parte delle ragazze nigeriane vittime della tratta viene dallo Stato dell’Edo e da Benin City, per cui il fatto che l’Oba locale abbia emanato un tale editto è stato un fatto simbolico molto importante, perché significa che in fondo vi è la consapevolezza del problema dello sfruttamento sessuale. Senza dubbio alcune ragazze si sono sentite liberate, e una sfilza di madam si sono spaventate e sono andate a confessare i loro peccati chiedendo perdono per non cadere nell’anatema.

Però questo non è stato sufficiente a fermare il fenomeno, anzi, in alcuni casi lo ha addirittura peggiorato. Non è bastato perché l’editto ha coperto una porzione di territorio piccolissima. Lo ha peggiorato perché ha allargato la recluta di ragazze al di fuori della porzione di territorio protetta dall’editto: le trafficanti sono andate a cercare le ragazze altrove, aprendo nuovi “mercati” e nuovi luoghi dove svolgere i rituali. Le rappresaglie contro le famiglie delle ragazze liberate sono state violentissime.

Alcune trafficanti non hanno accettato l’editto, altre hanno dapprima liberato le ragazze, ma poi si sono rese conto che non sarebbe successo niente di apocalittico: in fin dei conti nessuna di loro era morta o aveva subito conseguenze gravi per aver infranto l’editto. Quindi hanno ricominciato richiamando le ragazze liberate con un meccanismo di assoggettamento ancora più violento.

L’impatto del discorso dell’Oba era durato una settimana. “Le ragazze sono tornate sotto pressione. Lo sono sempre, anche mentre fanno parte di un progetto in Italia. Gli uomini della tratta sono sempre lì intorno, le minacciano, a volte le rapiscono. Quando le ragazze riescono a scappare, a volte arrivano allo sportello e ci raccontano tutte queste cose”, racconta Eve Emmy. L’aspetto mistico del voodoo è un elemento centrale di coercizione nella conservazione del legame tra la madam e le vittime. E su questo si sono appoggiate ancora una volta per ristabilire il legame di sottomissione.

L’Oba del regno di Benin, che non ha un’autorità superiore a quella del governo, ha cercato di salvare la sua città e il suo popolo, ma con il suo editto ha voluto anche dare un segnale di carattere politico, al governo dello Stato dell’Edo, affinché fossero rinforzate le misure di contrasto al traffico di esseri umani. Oggi, in Nigeria si cercano altri modi per dissolvere questo legame spirituale con il juju; ad esempio utilizzando la fede in Dio, alla ricerca della luce per uscire dalle tenebre.

Il ruolo crescente dei Cults nel sistema della tratta e altre componenti maschili nel meccanismo di assoggettamento.

Il fenomeno dei Cults in Nigeria esiste da molto tempo, ma si è rafforzato negli ultimi anni. Si tratta di confraternite di tipo religioso, in parte anche universitario, che prendono dimensioni diverse a seconda delle regioni. Sono composte da giovani uomini armati, implicati in molti casi di atti violenti e di crimini. Vengono ingaggiati, anche dalle madam, per intimorire, molestare o uccidere ed è qui che rientra in gioco il legame con la tratta e gli altri aspetti della criminalità. Le uccisioni, coperte da aspetti rituali, sono un macabro aspetto ricorrente in queste confraternite: gli omicidi sono perpetrati anche per il traffico di organi umani, oltre che per rese di conti, per estorsioni di denaro, e persino per scopi politici. Non è ben chiaro cosa facciano esattamente e per conto di chi. Non sappiamo chi sono: ci sono solo supposizioni su chi sia il capo supremo, o re, di questi gruppi perché le autorità civili e militari nigeriane non riescono a identificarlo.

Il contesto socio-culturale nigeriano favorisce la proliferazione di culti religiosi. L’impunità, le difficoltà nell’apparato di sicurezza nigeriano alimentano il potere dei Cults; questi si sostituiscono allo Stato nella gestione privata della “giustizia”. In generale, lo Stato ha pochi strumenti per contrastare questo fenomeno, e i membri delle confraternite, che si appoggiano anche loro su un giuramento di omertà, in caso di arresto non parleranno mai della struttura della confraternita. La corruzione della polizia, e l’implicazione degli stessi membri delle forze dell’ordine all’interno dei Cults non facilitano di certo il cambiamento.

Il legame tra la tratta e i Cults è facilmente intuibile: la tratta degli esseri umani è un aspetto economicole madam cercano metodi di coercizione e assoggettamento e in queste gang armate possono trovare le persone disposte a tutto, per denaro, mettendo in pratica le minacce evocate durante i giuramenti juju. Il clima di violenza, il terrore viene esercitato per intimidire, estorcere informazioni, ottenere obbedienza, eccetera. Le madam si servono di questi figuri per minacciare le famiglie delle ragazze in Europa, quando e se cercano di smettere con la prostituzione e di scappare. La famiglia sa che, se subisce attacchi e intimidazioni, c’è dietro la violazione di un giuramento, e si sente costretta a sua volta ad aggiungere ulteriore pressione sulla ragazza in Europa affinché rientri nei ranghi e torni ad obbedire alla madam.

I membri dei Cults sono presenti dappertutto, agiscono in Nigeria, in Libia, e poi arrivano anche in Italia. Sono sparsi sul percorso migratorio, rafforzando la rete di trafficanti nei diversi punti di contatto. Secondo una testimonianza, sono stati i cultisti nigeriani a insegnare ai libici come guadagnare sfruttando la precarietà dei percorsi migratori. Sarebbero loro ad aver insegnato ai libici come torturare e organizzare le vittime. L’ampiezza di questo fenomeno sfugge alle statistiche perché i reati dei membri delle confraternite non vengono denunciati dalle famiglie, se non in casi rarissimi.

Alcune madam fanno in modo che un fratello, o un conoscente stretto, viaggi insieme alle ragazze dalla Nigeria all’Europa. Questo ci permette di parlare di un’altra figura maschile determinante nel mondo della migrazione delle ragazze nigeriane: il boyfriend.

Ci sono dei ragazzi che, su ordine della madam, fanno innamorare le ragazze, promettendo loro una vita migliore in cambio della fedeltà. In questo modo, sfruttando il sentimento e l’innamoramento, manipolano la ragazza e la spingono a rimanere nella prostituzione, a richiedere l’asilo e, una volta ottenuto a sposarsi cosicché venga loro garantito il permesso di soggiorno. Durante il viaggio l’uomo impone alla donna di recitare un finto matrimonio per essere collocati insieme una volta arrivati nel “campo”. È un meccanismo di controllo della vittima perché quando scoprirà il proprio destino e comincerà a prostituirsi non potrà più allontanarsi, perché l’aguzzino farà leva sul juju. La madam è sempre lì dietro, a gestire le marionette della sua rete. A volte questa stessa manipolazione da parte del boyfriend viene utilizzata per “rubare” una ragazza da una madam, con un finto salvataggio, per poi sfruttarla ancora e tenerla sotto il ricatto di riportarla alla madam in questione. Questi boyfriend a volte sono membri dei Cults, e sono temuti per la crudeltà e la violenza dei loro atti.

Alle volte le ragazze non si rendono nemmeno conto che è esattamente una delle peggiori specie di violenza quella che subiscono. In Nigeria non c’è un’educazione contro la violenza in genere, neanche quella sessuale. E qui interviene un fattore culturale: lo scambio dono-contro dono, che si pone alla alla base delle dinamiche sociali. Quando una ragazza è stata “salvata” da un boyfriend, si dedicherà totalmente a lui. Se lui non vede opportunità di riuscita per sé in Italia, le proporrà di partire per la Francia o la Germania promettendole ancora di più. Ma la ragazza resterà sempre nella rete del trafficking, perché non si rende conto di essere manipolata, o se anche sì, le tocca obbedire, tornare alla prostituzione, cercare di ricambiare l’aiuto ricevuto per “dovere”.

Il persistente ruolo della famiglia e la marginalizzazione della donna nell’ordinamento giuridico nigeriano.

Il contesto sociale nigeriano è poroso e fragile. C’è una vulnerabilità socio-giuridica della donna che fa sì che la sua opinione, la sua parola, conti drasticamente meno che quella di un uomo. È una società maschilista e gerarchica che si serve di costrutti ideologici e mentali per influenzare le ragazze, che facilmente diventeranno vittime della tratta. Lo spazio lasciato alle donne per decidere per sé è molto ridotto, e il governo è restio a adottare politiche che lo allarghino. Nonostante la famiglia sia l’istituzione fondamentale su cui ciascuno si appoggia e a cui ciascuno contribuisce per garantirsi la sopravvivenza, una donna, per esempio, non è eligibile all’eredità del padre o del marito (motivo anche questo di vulnerabilità che spinge delle ragazze a prostituirsi per mantenere madri, figli, fratelli etc.).

Le ragazze sfruttate per la prostituzione in Europa provengono da famiglie povere e molto vulnerabili. I trafficanti, quando adocchiano una vittima, si mobilitano innanzitutto per ottenere la fiducia della famiglia. La richiesta di ottenere la disponibilità di una ragazza è fatta passare come una proposta di aiuto alla famiglia, per farla uscire dalla povertà. La famiglia viene dunque coinvolta, e la madre o la zia accompagnano la ragazza al tempio.

Quando la ragazza realizza che l’oggetto del patto è la prostituzione, il giuramento, il viaggio, e si vuole opporre, entra in gioco ancora un altro aspetto. La madam invia i suoi scagnozzi a minacciare i membri della famiglia di ripercussioni nel caso la ragazza non si piegasse alla sua volontà. Al telefono, dalla Nigeria all’Italia, i genitori spesso sono costretti a riportare la ragazza ribelle alla sua responsabilità nei confronti dei suoi fratelli, e nei confronti del fatto che deve occuparsi del benessere del nucleo familiare. Allo stesso tempo, la madam le ricorda il giuramento. Le minacce fanno leva sull’emotività: i primi mesi in Europa sono per le ragazze un periodo durissimo.

Durante i mesi di sfruttamento la famiglia riceve 50 o 100 euro ogni tanto. La condizione economica migliora un po’ con quella cifra, ma la conseguenza è che la ragazza continua a essere spinta verso la prostituzione per non perdere il benessere ottenuto.

“Le famiglie non si mettono nei panni delle ragazze. Non è la loro dignità ad essere stata violata. Le dicono “altre ce l’hanno fatta”. Loro vedono solo i soldi che arrivano a casa ogni mese”.

Il ruolo della famiglia come fattore di assoggettamento è evidente anche in caso di rimpatrio. Che sia un ritorno “volontario” o forzato, il pericolo di re-trafficking, ovvero che la ragazza venga rimandata in Europa per essere nuovamente sfruttata nella prostituzione, è sempre presente. Le famiglie possono opporsi all’accoglienza della ragazza in uno Shelter, dove si attiva un meccanismo di protezione e reinserimento sociale (previsto dalla legge e finanziato dall’Unione Europea). “Una ragazza con la testa dura, che non vuole piegarsi alla volontà della famiglia viene abbandonata e finisce per strada”. Il ritorno in Nigeria è vissuto come un fallimento sociale ed economico. La famiglia, coinvolta fin dall’inizio nella vendita della figlia, succube delle minacce o ormai abituata a ricevere soldi la forza a tornare in Europa. A questo punto, o la ragazza cerca la madam, o viene trovata da lei e riparte.

Per evitare il re-trafficking, a livello europeo si sono svolte delle discussioni per fornire supporto al governo nigeriano nel processo di tutela delle ragazze espulse dai paesi membri e tornate in Nigeria. Purtroppo, l’intervento umanitario sponsorizzato dai paesi europei e delle Agenzie delle Nazioni Unite, teso a colmare l’assenza di azione da parte del governo, ha un impatto marginale. In generale, l’interesse politico per contrastare la tratta è scarso e solo di facciata. Le risorse non sono molte, e la corruzione se ne appropria. L’apparato giuridico in Nigeria si mobilita per aprire inchieste, per cercare di capire e denunciare le madam, e i loro complici, all’origine delle diverse reti di tratta, ma pochissime di queste inchieste portano a un qualsiasi risultato. Quelle poche, a volte diventano casi mediatici e quindi fonti di informazione.

È difficile riassumere in poche pagine la complessità, anche solo di alcuni aspetti, del fenomeno della tratta nigeriana degli esseri umani per sfruttamento sessuale. Per riprendere la metafora iniziale, ogni nuova matrioska svelata si ritrova sistematicamente ricoperta di altri misteri, e questo esce soprattutto quando, intorno al tavolo, si ritrovano insieme operatrici e operatori sociali.

Questo articolo vuole riportare brandelli di una discussione importantissima a cui ho avuto il piacere di assistere. Ogni riga è una porta aperta a nuove domande, ma anche alla ricerca di nuove fonti di informazione per cercare di comprendere di più il fenomeno e accompagnare nel migliore dei modi le persone che arrivano nei nostri uffici, in un terribile passaggio del loro percorso di vita.

La tavola rotonda, moderata all’avv. Salvatore Fachile, si è svolta il 16 aprile 2021 con interventi di: Blessing Okoedion (Weavers Hope), Fatimah Ehikhebolo (Coop. Dedalus), Smath Eve Emmy (ARCI), Cynthia Aigbe (Coop. Eva), Faith Osayamen (Consorzio Sale della Terra), Maryam Idris Abdulkadir, Odinakaonye Lagi.

 

Fonte: Osservatorio sull’accoglienza diffusa di migranti e rifugiati